Recensione “Blake. Il divenire degli dei” #LesFleuresDuMal

Quello che avete tra le mani non è un libro semplice.

Vi avverto.

Anzi nulla ha da invidiare a un accademico saggio gnostico.

Blake non sarà il bel e rilassante fantasy, ma una visione onirica, non per questo meno reale, che riguarda la divinità, o meglio la sua natura, la sua genesi e la sua evoluzione.

Iniziamo con lo spiegare perché ho detto che, considero il libro un testo gnostico. La spiegazione è semplice e esaustiva: perché parla del divenire Elohin ossia la divinità che va oltre.

Oltre capite?

E oltre significa che guarda al di là della sua mera apparenza, rinnovandosi e seguendo, in modo fluido e semplice, la natura dei cicli armonici dell’universo. Questo la metterà in conflitto con l’altra religione, nata e prosperata dalle ceneri della “vecchia” e che venera la forma, quella che mai muta e mai cambia: JHAVE colui che è. E come sempre ripeto, per essere non devo Mai divenir altro,quindi non posso progredire. E’ da questa strana ma intrigante differenziazione che, le religioni sorelle, cristianesimo e gnosticismo si dividono combattendosi in modo atroce a volte, ma dinamico, innescando il necessario movimento rotatorio per dare vita, stranamente e ironicamente, all’esistenza cosi come la conosciamo noi. Eh si miei cari lettori.

Nonostante le terribili atrocità commesse, non solo verso i seguaci della vecchia religione ma anche verso la nuova forma di religione (sicuramente elegante, complicata e raffinata del cristianesimo) ossia lo gnosticismo, quella dinamicità tra poli opposti, tra negativo e positivo, dona la capacità di rigenerazione necessaria alla nostra realtà materiale. E’ un arcano segreto prigioniero dei grandi sistemi filosofici e delle grandi spiritualità di stampo iniziatico egregiamente espressa dalla frase di Alessi

l’evoluzione delle divinità non è diversa da quella degli esseri umani. Tutto si trasforma e nulla si distrugge, ricordatelo sempre.

La divinità è parte dell’inconscio umano, da li si origina e da li si manifestano i suoi mille rami, i filamenti che creano quella rete di interdipendenze, di relazioni, di scambi, di informazioni che noi, chiamiamo vita.

Al tempo stesso noi siamo parte del soffio divino, di quell’energia che muovendosi, cadendo, perendo o semplicemente distruggendosi, dà origine a piccoli frammenti di sogno (come direbbero gli aborigeni australiani) che fanno parte del fiume tortuoso della realtà. Sogno e materia divengono sostanze che apparentemente si scontrano, ma che fanno parte di quell’immensa e creativa entità che Bateson chiamava mente. E’ dalla mente universale, quindi che la religione, il sacro e l’uomo stesso discendono, rendendo con la loro capacità di nominare, di scegliere e di immaginare, reale l’irreale. Materiale l’immateriale. Fisico il numinoso.

Grazie alla capacità di percezione, il pensiero/sogno diviene tangibile, grazie al nostro cervello connesso con l’intelligenza superiore noi riusciamo a creare la nostra civiltà, il nostro cammino e dare persino le sfumature all’indivisibile, operando quella separazione tra luce e oscurità, tra opposti tanto cara alla nostra saggezza occidentale, che in realtà appaiono cosi solo alla nostra volontà di immaginarli tali.

Non a caso Marion Zimmer Bradley raccontava come:

è il nostro pensiero a creare giorno per giorno la realtà che ci circonda.

Ecco che Dio e la sua interazione con il mondo e il creato, fatta di sottili e imperscrutabili legami (la religio appunto) diviene sia prodotto che dominatore di quelle menti che, unite assieme, donano corporeità a quel labile numinoso pensiero appartenente, come direbbe Platone all’iperuranio, una regione celeste o infera, a secondo del tipo di pulsioni, che accoglie le potenzialità inespresse dei nostri sogni. Li, in quel luogo che molti chiamano Ade, Eden o Paradiso esiste il seme di ogni realtà, esiste l’embrione di ogni alta costruzione filosofica, esiste la materia grezza da cui plasmare il nostro reale.

Complicato come discorso?

Forse.

Ma necessario.

Perché il divino torni a essere, in fondo non un qualcosa di stazionario, rigido stabile ma partecipe con l’uomo e per l’uomo dell’evoluzione. Tutto il significato del testo di Alessi, dunque, possiamo trovarlo nel titolo: non il racconto del divino, ma il divenire degli Dei. E una divinità che diviene diventa sempre più simile all’essere umano, creato forse, per premettere alla volontà di incremento patrocinata dagli Elohin, di ampliarsi sempre di più grazie all’amore e alla deferenza. Ma al tempo stesso, questa spinta alla maturazione verrà bilanciata da una sorta di ritrosia e di terrore del cambiamento, perché cambiare si collega a signora Morte, perché presuppone l’abbandono totale di ogni certezza, di ogni privilegio, significa, forse, soffrire per l’atroce mancanza che la dea bianca ci fa subire quando, nelle vesti della Parca, taglia con ardore i fili del nostro personale arazzo.

Ecco che una divinità che soffre diventa, come in questo testo, immanente, non più trascendente, non più diversa, altro da noi, ma profondamente legata e padrona e gemella della nostra anima.

Questa riflessione profonda sul divino continua raccontando con una grazia e una capacità immaginativa eccelsa, il dramma dellaPistis Sohpia, ossia il viaggio dell’essenza umana e divina verso la liberazione. Spesso cito questo testo che è di una bellezza abbagliante, come uno dei drammi fondamentali dell’uomo che ha escluso dalla nostra fisicità un vivere più armonico, nei confronti non solo della natura ma del suo stesso fratello.

La pistis sophia racconta la discesa nelle regioni degli inferi (Jung lo chiamerebbe inconscio profondo) a causa di una distrazione o di un inganno. La sua luce inizia a abbracciare pensieri di potere, di ribellione alla sua stessa natura, che può esistere e svilupparsi in completezza soltanto nelle regioni alte dell’universo. Ma questa pienezza è la pienezza del vuoto: in esso esiste tutto, ma il tutto allo stesso tempo si disperde poiché non ha una sua personale natura. E’ la completezza del caos da cui tutto può essere, ma per essere deve scindersi in piccole multiformi particelle.

Sophia inizia, così, a essere corrotta dagli arconti, da divinità minori che la seducono la illudono e la dominano, in un brutale atto di violenza perpetua. Liberare la Sophia, ossia la conoscenza, dalle pastoie della mortalità, intesa come viaggio senza ritorno verso le regioni basse dell’istinto e della volontà egoica, è quello che farà l’essere di luce nelle vesti del Cristo, ossia del consacrato, del benedetto, colui che, sconfiggendo l’ego il basso impulso ridarà luce e luminosità alla Sophia. Liberandola dalla ragnatela delle illusioni la riporterà in alto, nelle regioni della luce, assisa sul suo trono sfavillante.

E’ una parabola bellissima della caduta dell’anima nella materia, quella che viene corrotta dai peggiori residui umani. Ma è anche una parabola della Dea detronizzata dalla volontà di far predominare il maschile. In questo libro Selene, o meglio la dea Bianca racconta, in immagini allegoriche tipiche del fantasy epico, il suo dramma quello di essere dimenticata dall’uomo e di essere esclusa dalla sua creatura: la vita. Senza la Dea noi siamo in pericolo, in balia della materia, in balia della volontà di dominio senza l’empatia necessaria per riconoscere un pizzico di divinità in tutto il creato. Il risultato è un dio rancoroso, geloso, primo di compassione.

nel momento in cui il secondo millennio cristiano si è concluso, sia il lato maschile che il femminile sonoprofondamente feriti…i doni del femminile non sono stati pienamente apprezzati né accettati. Mentre il maschile frustrato dall’impossibilità di armonizzare tutte le sue energie con un lato femminile pienamente sviluppato, procede con il braccio armato brandendo imprudentemente le armi. Nel mondo classico le energie opposte erano perfettamente bilanciate. Oggi invece c’è un predominio dell’aspetto maschile. Solo un passo separa la venerazione del potere e della gloria del principio maschile e della gloria del principio maschile/solare dalla venerazione del figlio un culto che troppo spesso porta ad un maschile immaturo arrabbiato, frustrato, annoiato e spesso pericoloso…il risultato finale della svalutazione del principio femminile non è solo inquinamento ambientale edonismo e crimini dilaganti, l’esito ultimo corrisponde all’olocausto”.

Margaret Starbird

Con queste parola Margaret Starbird racconta il nostro postmoderno. Un psot moderno affranto, sconvolto, pieno di violenza ma sopratutto alieno a se stesso. Ecco che Virbi Road diviene immagine speculare del nostro mondo, alienato dalle emozioni, che ha sostituito la vecchia religio con una tecnologia che rende aridi e spenti gli animi:

La religione in un mondo di tecnologia e scienza non esisteva, l’unica certezza era la materia e la sua origine ma solo se provata. Le antiche religioni avevano fatto storia, ma nel cuore degli uomini batteva sempre una speranza per quelle luminose divinità. 

E ancora

La tecnologia è il nuovo mezzo per idolatrare il divino. Non c’è bisogno di un nome o di un corpo, pensa quanta gente dona i suoi pensieri a quella finta magia e pensa quanta energia scaturisce in quel piacere tanto fittizio. Eccoti la risposta: il lupo travestito da agnello cammina per le strade del futuro. 

E allora ci rendiamo conto, nella nostra folle volontà di annientare la religione, anzi il sacro, che l’unica strada per porre fine alle atrocità combattute in nome di un Dio è quello di ristabilire l’equilibrio tra caos (necessario alla creazione) e l’ordine rappresentato della Dea, nelle sue vesti di sposa, madre, signora degli incanti e della magia.

Ma anche nella sua veste di Bianca signora.

E un altro intrigante riferimento.

Nel testo di Alessi esiste un accenno alla splendida, estatica visione dell’amore e dell’origine degli esseri umani: ossia l’androgino.

Tutti conoscete la storia di Platone delle anime gemelle?

E’ quella storia che rende superflua ogni identificazione di genere capace di influenzare il percorso verso il riconoscimento dell’altro, della parte mancante di noi stessi. Secondo la teoria di Platone, all’origine dei tempi gli esseri umani non erano suddivisi per genere sessuale. Ciascuno di essi aveva quattro braccia, quattro gambe e due testa. Con il passare del tempo, e per effetto di un Dio solo, geloso di contante interezza vennero separati per punizione in due esseri distinti da un fulmine ( non a caso JAHWE è considerato un antico dio delle tempeste mesopotamico).

Ecco perché ogni essere umano cerca di trovare la propria anima gemella, l’altra parte di sé, la propria metà perduta. E questa ricerca non riguarda uomini e donne, ma la loro anima che è immortale e asessuata, figlia e elemento dell’anima mundi. E’ l’appartenenza il vero sogno dell’essere umano, quella che ci riporta indietro quando una divinità sconosciuta disse:

E Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».

Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.

Dio creo l’uomo, maschio e femmina a sua immagine e gli diede la capacità di nominare il creato, di fecondarlo con la propria energia e sopratutto diede all’essere perfetto, bastante a se stesso, la capacità di amare. Ed l’amore la vera forza che si moltiplica, che invade e possiede e si identifica con lo spirito dell’universo.

E’ un libro arduo, affascinante, capace di trasportarti in un altra dimensione, un libro pregno della filosofia occidentale in tutte le sue versioni. E’ un libro che conquista e sconvolge ma che omaggia e riporta alla luce una delle migliori tradizioni occidentali: lo gnosticismo.

Che si chiamino catari, che si chiamino bogomili, o pauliciani,naasseni, cainiti,sethiani, che si chiamino ofiti, esso resta quella luce nella barbarie che era in grado di donare, forse, la vera sostanza dei racconti biblici: non un calvario di punizioni e di crudeltà, frutto di un dio geloso e prevaricatore. Ma una paraboladi liberazione per l’anima, capace di sentirsi parte di un disegno più grande, frutto dell’immenso amore che ha reso possibile il concepimento di un essere straordinario, capace di lenire la solitudine di una divinità grandiosa, luminosa e oscura ma bisognosa di un atto di riverito amore.

Alessi I miei omaggi, per un libro che non stento a definire prezioso e fratello della più antica Pistis Sophia. Tu sei il nuovo profeta. E con questo fardello ti benedico in questa strada verso il ripristino dell’equilibrio.

A cura di Alessandra Micheli

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